Terzo incontro del Gruppo di Lettura Sincronizzata della Keats-Shelley House

Giovedì, 16. Aprile 2020 - 14:00

Il terzo incontro del Gruppo di Lettura Sincronizzata della Keats-Shelley House avrà luogo giovedì 16 aprile alle 14:00 GMT/15:00 CET.

Si prega di notare il leggero cambiamento di orario e di giorno.

Questa settimana, leggeremo l’ "Inno alla bellezza intellettuale" di Percy Bysshe Shelley, e ci piacerebbe che vi uniste a noi, ovunque siate nel mondo e in qualsiasi momento, per circa 20 minuti. Normalmente, diciamo 15 - ma questa è Shelley in tutto il s uomo profluvio di parole!

Se il lavoro, la famiglia o i fusi orari non lo permottono (John e George, ad esempio, erano a quattro ore di distanza l'uno dall'altro) leggete quando potrete. Chiedete a una persona cara di unirsi a voi per così rendere la lettura sincronizzata.

La parte importante è la lettura.

Ci piacerebbe sapere da quale parte del mondo starete leggendo. Se volete inviarci un video o una registrazione della vostra lettura, o dei vostri pensieri e commenti vi preghiamo di farlo. Mettetevi in contatto con noi su Twitter o Facebook. Potete anche inviarci un'e-mail a: ksmafriends@hotmail.com.

L'idea è stata ispirata da John Keats che nel dicembre del 1818 scrisse da Londra a suo fratello George e Georgiana Keats nel Kentucky:

"Leggerò un passaggio di Shakespeare ogni domenica alle dieci in punto, e voi ne leggerete uno alla stessa ora, e così saremo vicini come lo sono dei ciechi in una stessa stanza".

Speriamo che qualche minuto di lettura, da soli e insieme, possa favorire un po' di unità, anche se solo nell'immaginazione.

 

INNO ALLA BELLEZZA INTELLETTUALE
 

L’ombra sacra di qualche Forza invisibile
galleggia, anche se invisibile, tra noi, – visitando
questo mondo vario con ali così incostanti
come venti estivi che strisciano di fiore in fiore, –
come raggi di luna che piovono dietro alcune montagne coperte di pini,
e visita con sguardo incostante
ogni cuore e volto umano;
come tinte e armonie della sera, –
come nubi sparse nel vasto chiarore di stelle, –
come ricordo di musica fuggita, –
come qualcosa che per la sua grazia può essere
caro, e ancora più caro per il suo mistero.

Spirito di Bellezza, che consacri
con i tuoi colori ogni pensiero o forma umana
su cui brilli, – dove sei andato?
Perché trascorri via e ci lasci in uno stato,
questa scura e vasta valle di lacrime, di vuoto e desolazione?
Chiedi perché la luce del sole non tessa
per sempre gli arcobaleni sopra quel torrente montano laggiù,
perché qualsiasi cosa, dopo che è apparsa, dovrebbe indebolirsi e svanire,
perché paura e sogno e morte e nascita
gettano sulla luce del giorno di questa terra
una tale tristezza, – perché l’uomo ha per obiettivo
amore e odio, sconforto e speranza?

Nessuna voce da qualche più sublime mondo ha mai
dato queste risposte a saggio o poeta –
quindi i nomi di Demone e spirito e Cielo,
rimangono la registrazione del loro vano sforzo,
fragili incantesimi – il cui fascino noto non permette di distinguere
da tutto ciò che udiamo e vediamo
dubbio, caso e mutevolezza.
La tua luce soltanto – come nebbia spinta sulle montagne,
o musica soffiata dal vento della notte
attraverso le corde di qualche strumento immobile,
o raggio di luna su un fiume notturno
dà grazia e verità all’inquieto sogno della vita.

Amore, Speranza, e Stima di sé, come nubi, partono
e vengono, prestati per alcuni momenti incerti.
L’uomo sarebbe immortale e onnipotente,
se tu, sconosciuta e sacra come tu sei,
mantenessi con la tua gloriosa fascinazione una dimora stabile nel suo cuore.
Tu messaggera di sentimenti,
che crescono e s’indeboliscono negli occhi degli amanti –
tu – che sei nutrimento del pensiero umano,
come il buio della fiamma morente.
Non partire, dato che la tua ombra è giunta,
non partire – altrimenti la tomba sarà,
come la vita e la paura, una scura realtà.

Quando ero ancora un ragazzo ho cercato fantasmi, e corso
attraverso molte camere, grotte e rovine in ascolto,
e boschi sotto la luce delle stelle, inseguendo con passi pieni di paura
le speranze di parlare alto con i defunti.
Invocai i nomi avvelenati, con cui la nostra gioventù è nutrita;
non ero udito – Non li ho visti –
quando meditando profondamente su tutta la vita
in quel dolce momento in cui i venti stanno corteggiando
tutte le cose vitali che si svegliano per portare
notizie di boccioli e fioriture, –
all’improvviso, la tua ombra cadde su di me;
io urlai e congiunsi le mani in estasi!

Ho fatto voto che avrei dedicato le mie forze
a Te e alle tue – non ho mantenuto il voto?
Con il cuore che batte e gli occhi che piangono, anche adesso
io invoco i fantasmi di migliaia di ore
ciascuna dalla sua tomba muta: in camere piene di visioni
di zelo appassionato o di delizia d’amore,
hanno superato insieme a me la notte invidiosa –
sanno che la gioia non ha mai illuminato il mio ciglio
slegata dalla speranza che tu avresti liberato
il mondo dalla sua scura schiavitù,
che tu – o sacra Amabilità,
avresti donato tutto quanto queste parole non riescono a esprimere.

Il giorno diventa più solenne e sereno
quando mezzogiorno è trascorso – c’è un’armonia
nell’autunno e una brillantezza nel suo cielo,
che nell’estate non è ascoltata o vista,
come se non ci potesse essere, come se non ci fosse stata.
Così lascia che la tua forza, che discese come la verità
della natura sulla mia gioventù passiva,
alla mia vita futura procuri
la sua calma – a uno che venera te
e ogni forma che ti contiene,
uno che, Spirito bello, le tue magie costrinsero
a onorare sé stesso e ad amare tutto il genere umano.